Recupero e gestione dei rifiuti
SCORIE INDUSTRIALI
Una ricerca del CNR contribuisce a valorizzare un processo industriale di stabilizzazione delle scorie siderurgiche per essere utilizzabile nel pieno rispetto dei vincoli ambientali
11.07.2018
Testo dell’articolo
Oggi il processo è in grado di isolare perfettamente la scoria e renderla simile ad un inerte in modo da poter essere utilizzata in grande quantità nei calcestruzzi, soprattutto in quelli strutturali faccia a vista. In tal modo potrà essere evitato l’utilizzo dell’inerte naturale che norma.
Si tratta di un settore di estremo interesse, dove le competenze sono talmente specifiche che difficilmente possono essere concentrate su un’unica professionalità, e proprio questa esigenza ha richiesto una fase di coordinamento delle attività tra i tre Istituti del CNR.
Le scorie, una volta rivestite da una miscela di cementi economici opportunamente studiati, risulta avere le caratteristiche tipiche di un inerte naturale e possiede quindi le proprietà per un loro corretto utilizzo nella preparazione di calcestruzzi strutturali. Il manufatto finale ha proprietà di resistenza meccanica comparabile a quella ottenibile con un calcestruzzo tradizionale e senza meccanismi di rilascio di acqua, rendendo i manufatti molto stabili alle escursioni termiche. Attualmente sono stati prodotti dei calcestruzzi strutturali faccia a vista con percentuali di sostituzione dell’inerte naturale del 50%, e comunque una sostituzione completa dell’inerte naturale per la porzione del fuso granulometrico superiore ai 4 mm. Si spera di poter arrivare ad una percentuale di scorie nei calcestruzzi strutturali del 70%-80% senza l’utilizzo di additivi chimici speciali.
Il processo messo a punto è molto importante perché vede la scoria non più come un problema per la tutela dell’ambiente, di cui bisogna farsi carico con un corretto smaltimento e rappresentando al tempo stesso un costo consistente nel sistema di produzione dell’acciaio. Al contrario, costituisce l’opportunità di considerare la scoria come una risorsa, in grado di preservare e conservare i siti di estrazione di ghiaia, sabbia e pietrisco che vengono continuamente depauperati, causando notevoli danni ambientali. Un danno evitabile in considerazione del fatto che la scoria rivestita ha un comportamento simile all’inerte naturale. Non più quindi un costo, ma un valore nel sistema edilizio che potrebbe essere utilizzato in grandi quantità, favorendo il processo industriale per realizzare una economia circolare di grande valore.
Testo redatto su fonte CNR del 10 luglio 2018
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RIFIUTI RADIOATTIVI
Individuazione del Deposito Nazionale: l’ISPRA predispone i criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività
25.01.2016
Testo dell’articolo
Nell’ambito delle funzioni e compiti di autorità di regolamentazione competente per la sicurezza nucleare e la radioprotezione, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA) ha predisposto la Guida Tecnica n. 29, “Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività“. Tali criteri rappresentano un insieme di requisiti fondamentali e di elementi di valutazione che devono essere tenuti in conto da parte della SOGIN S.p.A., quale soggetto attuatore, nel processo di localizzazione del DN, dalla definizione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee sino alla individuazione del sito idoneo.
I criteri riportati nella Guida Tecnica n. 29 sono stati definiti per la loro applicazione nel processo stabilito per la localizzazione del Deposito Nazionale (DN), un’infrastruttura ambientale di superficie dove saranno stoccati in sicurezza i rifiuti radioattivi prodotti in Italia, generati dall’esercizio e dal decommissioning delle centrali e degli impianti nucleari, dalle attività di medicina nucleare, industriali e di ricerca. Il decommissioning di un impianto nucleare è l’ultima fase del suo ciclo di vita. Questa attività comprende le operazioni di mantenimento in sicurezza degli impianti, allontanamento del combustibile nucleare esaurito, decontaminazione e smantellamento delle installazioni nucleari e gestione e messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi, in attesa del loro trasferimento al DN. L’insieme di queste attività ha l’obiettivo di riportare i siti a “prato verde”, cioè ad una condizione priva di vincoli radiologici, rendendoli disponibili per il loro riutilizzo.
Il DN sarà costituito dalle strutture per la sistemazione definitiva dei rifiuti radioattivi a bassa e media attività e da quelle per lo stoccaggio temporaneo dei rifiuti radioattivi ad alta attività, che dovranno essere successivamente trasferiti in un deposito geologico di profondità, idoneo alla loro sistemazione definitiva. Il DN sarà una struttura con barriere ingegneristiche e barriere naturali poste in serie, progettata sulla base delle migliori esperienze internazionali e secondo i più recenti standard dell’International Atomic Energy Agency (IAEA) che consentirà la sistemazione definitiva di circa 75.000 m3 di rifiuti di bassa e media attività e lo stoccaggio temporaneo di circa 15.000 m3 di rifiuti ad alta attività.
Insieme al DN sorgerà un Parco Tecnologico, un centro di ricerca, aperto a collaborazioni internazionali, dove svolgere attività di ricerca di alto profilo nel campo del decommissioning, delle nuove metodologie di gestione dei rifiuti radioattivi e dello sviluppo sostenibile in accordo con il territorio interessato. Il DN sarà integrato con il territorio, anche dal punto di vista paesaggistico. Infatti, una volta completato il riempimento, sarà ricoperto da una collina artificiale, realizzata con materiali inerti e impermeabili, che costituirà un’ulteriore protezione, prevenendo anche eventuali infiltrazioni d’acqua. Tale copertura armonizzerà anche visivamente il DN con l’ambiente circostante, mediante un manto erboso.
Testo redatto su fonte SOGIN e ISPRA del 30 dicembre 2015
Per approfondimenti:
– Guida Tecnica n. 29: Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività
– Guida Tecnica n. 29 – Relazione illustrativa: Criteri per la localizzazione di un impianto di smaltimento superficiale di rifiuti radioattivi a bassa e media attività – Relazione illustrativa
– Deposito Nazionale: www.depositonazionale.it
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RIFIUTI SPECIALI
Secondo il XIV Rapporto dell’ISPRA diminuiscono sia i rifiuti pericolosi (-2,6%), sia quelli non pericolosi (-1,4%), questi soprattutto per effetto del calo dell’attività edilizia
02.08.2015
Testo dell’articolo
La XIV edizione del Rapporto Rifiuti Speciali dell’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) evidenzia che tra il 2012 e il 2013 i rifiuti speciali hanno avuto un calo di produzione che sfiora i 2 milioni di tonnellate, scendendo dell’1,5%, passando da quasi 133,6 milioni di tonnellate a 131,6 milioni di tonnellate. Sono diminuiti sia i rifiuti pericolosi (quelli generati dalle attività produttive che contengono al loro interno un’elevata dose di sostanze inquinanti) (-2,6%, -228.000 tonnellate), che in totale ammontano a quasi 8,7 milioni di tonnellate, sia quelli non pericolosi, che scendono dell’1,4% (-1,7 milioni di tonnellate), soprattutto per effetto dell’ulteriore consistente calo dei rifiuti generati dalle attività di costruzione e demolizione.
Il settore manifatturiero, con quasi il 40% del totale (circa 3,4 milioni di tonnellate), è il maggior produttore di rifiuti pericolosi, seguito con il 29,4% dalle attività di trattamento rifiuti e di risanamento (circa 2,5 milioni di tonnellate). Nel dettaglio, nell’ambito del comparto manifatturiero, il 45% circa (oltre 1,5 milioni di tonnellate) del quantitativo di rifiuti pericolosi complessivamente prodotti, proviene dai settori della fabbricazione di prodotti chimici (17,6%), di prodotti farmaceutici di base e preparati (14,2%), della fabbricazione di coke e dei prodotti derivati dalla raffinazione del petrolio (10,7%), e di articoli in gomma ed in materie plastiche (2,6%). Il primo produttore di rifiuti non pericolosi (39,8% del totale di rifiuti non pericolosi prodotti, quasi 49 milioni di tonnellate), è invece il settore delle attività di costruzione e demolizioni, seguito da quello del trattamento di rifiuti e di risanamento (30,6 milioni di tonnellate) e da quello manifatturiero (30,4 milioni di tonnellate) con percentuali del 25% circa per entrambe.
Nel 2013 vengono gestite 129,9 milioni di tonnellate di rifiuti speciali, comprensive degli stoccaggi prima dell’avvio ad operazioni di recupero/smaltimento, che riguardano circa 13 milioni di tonnellate. A questi se ne aggiungono oltre 8 milioni di tonnellate derivanti dal trattamento di rifiuti urbani e computati nel ciclo di gestione di quelli urbani. Il recupero di materia, con il 64,7% del totale, pari a oltre 84 milioni di tonnellate, è la forma di gestione prevalente. Seguono le altre operazioni di smaltimento con il 14,5%, e lo smaltimento in discarica con l’8,4%. Per quanto riguarda i rifiuti non pericolosi la forma prevalente di gestione è rappresentata dal recupero di materia che interessa 82,2 milioni di tonnellate, pari al 74,9% del totale gestito. Con i riferimento ai rifiuti pericolosi, invece, la forma di gestione prevalente è rappresentata da altre operazioni di smaltimento, pari al 51,8% del totale gestito.
Trasportati all’estero 3,4 milioni di tonnellate, di cui 2,4 milioni non pericolosi ed 1 milione di pericolosi, con una diminuzione, rispetto al 2012, del 16,7%. Si tratta per lo più di rifiuti provenienti da impianti di trattamento ed inviati principalmente in Germania. Si esportano maggiormente, tra i rifiuti non pericolosi, quelli prodotti da processi termici, circa 1,3 milioni di tonnellate, mentre tra quelli pericolosi, la quantità maggiore inviata oltre confine proviene dagli impianti di trattamento (574.000 tonnellate). Stabile, invece, la quantità di rifiuti speciali importata: circa 5,7 milioni di tonnellate nel 2013, costituiti quasi esclusivamente da rifiuti non pericolosi. I rifiuti pericolosi importati costituiscono una parte residuale (153.000 tonnellate).
Scendono anche le quantità di rifiuti speciali smaltite in discarica: il 2013 segna un -4,4%, circa 500.000 tonnellate, rispetto al 2012. Il totale ammonta a circa 11 milioni di tonnellate di cui 89,9% non pericolosi e 10,1% pericolosi. A livello di macroarea geografica è il Centro, a registrare il calo maggiore: 16,4% (-437.000 tonnellate), seguito dal Sud che segna un -16,0%. Al Nord si riscontra, invece, un aumento del 7,1% (da 5,8 milioni di tonnellate del 2012 a 6,2 del 2013). Tra i rifiuti pericolosi smaltiti in discarica, oltre 1 milione di tonnellate (10,1% del totale di cui il 59% smaltito in discariche per rifiuti non pericolosi e il 41% in discariche per rifiuti pericolosi), quelli contenti amianto e allocati in discarica sono circa 167.000 tonnellate. Il 90,7% è rappresentato da materiali da costruzione contenenti amianto e il restante 9,3% è costituito da altri rifiuti contenenti amianto.
Testo redatto su fonte ISPRA del 29 luglio 2015
Image credit: Peter Rae
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TRATTAMENTO DEI RIFIUTI
Consorzio ECODOM: nel 2014 il trattamento di 76.000 t di RAEE ha consentito un risparmio superiore ad 87 milioni di kWh ed evitata l’immissione di oltre 880.000 t di CO2
28.05.2015
Testo dell’articolo
Rispetto al 2013, la quantità di RAEE che il Consorzio ha gestito nel 2014 è cresciuta di quasi il 7%, con un trend non omogeneo però nei diversi Raggruppamenti: l’incremento è stato, infatti, del +0,6% per il Raggruppamento R1 (frigoriferi e condizionatori), che ha totalizzato 35.151 tonnellate; del +13,3% per R2 (lavatrici, lavastoviglie, cappe, forni, scalda-acqua), con 40.263 tonnellate; e infine del +2,7% per R4 (come piccoli elettrodomestici, elettronica di consumo, informatica, apparecchi di illuminazione), con 501 tonnellate di RAEE trattate.
Per quanto riguarda il corretto riciclo di elettrodomestici a livello territoriale, anche nel 2014 la Lombardia si è confermata la regione più virtuosa in base ai RAEE gestiti da ECODOM: sono state 15.821 le tonnellate di apparecchiature trattate, con 15.455.000 kWh di energia risparmiata e 154.400 tonnellate di CO2 non immesse nell’atmosfera.
Al secondo posto della speciale graduatoria stilata dal Consorzio si classifica la Toscana (con 7.798 tonnellate di RAEE gestiti, corrispondenti a 7.495.000 kWh di energia risparmiata e 72.660 tonnellate di CO2 non immesse nell’atmosfera), seguita dal Veneto (con 7.551 tonnellate di RAEE gestiti); quarto e quinto posto per l’Emilia Romagna (con 7.407 tonnellate) e il Piemonte (con 5.878 tonnellate di rifiuti trattati).
Testo redatto su fonte ECODOM del 27 maggio 2015
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RIFIUTI RADIOATTIVI
Avviato il percorso per l’individuazione dell’area più idonea ad ospitare il Deposito Nazionale per la messa in totale sicurezza di tutti i rifiuti radioattivi prodotti in Italia
05.02.2015
Testo dell’articolo
I materiali radioattivi, strumenti indispensabili in qualunque società avanzata, sono usati:
– negli impianti nucleari, che in Italia sono in corso di smantellamento;
– nelle attività mediche: per la diagnosi e la cura di molte malattie;
– nell’industria: ad esempio, le macchine utilizzate per radiografare le saldature;
– nella ricerca, ad esempio per indagare la struttura delle cellule e mettere a punto nuove cure.
Ma l’impiego di materiali radioattivi genera inevitabilmente rifiuti che possono diventare pericolosi se non vengono gestiti in modo adeguato. La radioattività decade in modo naturale col passare del tempo. Ci sono rifiuti radioattivi che in poche ore, o in pochi anni, perdono la loro pericolosità e possono essere smaltiti come rifiuti non radioattivi. Altri restano radioattivi per migliaia di anni. Se si adottano le soluzioni necessarie, tutto ciò non rappresenta un problema.
Un dovere verso le generazioni future
Sostanze radioattive sono largamente utilizzate in medicina per la diagnosi, la terapia e la ricerca. Grazie a strumenti sempre più avanzati è possibile curare molte malattie e trovare terapie più efficaci. Per questa ragione la produzione di rifiuti radioattivi da fonte biomedicale è in crescita in tutti i Paesi avanzati. In Italia il settore medico produce ogni anno circa 500 metri cubi di rifiuti radioattivi, di cui circa il 40% perde la sua radioattività in un periodo di tempo che va da decine a centinaia di anni. Questi rifiuti, circa 200 metri cubi l’anno, sono stoccati presso alcuni depositi temporanei in attesa di essere sistemati in modo definitivo nel Deposito Nazionale.
Chiudere il ciclo nucleare
In due referendum, nel 1987 e nel 2011, gli italiani hanno detto no al nucleare. Ma per chiudere definitivamente il ciclo nucleare è necessario completare lo smantellamento delle quattro centrali e dei quattro impianti di ricerca che sono stati costruiti in passato. Alla fine di questi lavori saranno prodotti rifiuti radioattivi che, opportunamente trattati, avranno un volume di circa 55.000 metri cubi. Senza il Deposito Nazionale non sarà possibile liberare i siti nucleari dai vincoli di natura radiologica e, dunque, restituire questi territori alla comunità per nuovi utilizzi.
Perché il Deposito Nazionale
Il Deposito Nazionale permetterà di mettere in totale sicurezza tutti i rifiuti radioattivi prodotti nel nostro Paese, ora ospitati in decine di depositi temporanei sparsi in tutta Italia. Il Deposito sarà costruito in superficie e conterrà circa 75.000 metri cubi di rifiuti a bassa e media attività. Sarà composto da un sistema di più barriere ingegneristiche progettate per isolare i rifiuti radioattivi dall’ambiente per 300 anni, tempo necessario per consentire il decadimento naturale della radioattività presente fino ad un livello trascurabile. Al suo interno sarà costruito anche un deposito centralizzato per lo stoccaggio temporaneo di circa 15.000 metri cubi di rifiuti ad alta attività, che dovranno successivamente essere trasferiti definitivamente in un deposito geologico profondo, che potrà essere localizzato in un altro Paese europeo sulla base di accordi internazionali. Accanto al Deposito Nazionale sorgerà un Parco Tecnologico, nel quale verranno svolte attività di ricerca sulla gestione dei rifiuti radioattivi e altre attività compatibili con lo sviluppo del contesto produttivo del territorio. All’estero già moltissimi Paesi, fra i quali i vicini Francia e Spagna, sono dotati di Depositi nazionali di rifiuti radioattivi.
Dove sarà costruito il Deposito Nazionale?
– Sogin S.p.A. ha consegnato all’Autorità di controllo ISPRA (Istituto Superiore per la
Protezione e la Ricerca Ambientale) la proposta di mappa delle aree potenzialmente idonee a ospitare il Deposito Nazionale, sulla base dei criteri stabiliti dall’Autorità stessa.
– Dopo l’approvazione da parte di ISPRA e dei Ministeri competenti, questa mappa sarà discussa pubblicamente in un Seminario Nazionale.
– Dopo aver raccolto le osservazioni di tutti i soggetti interessati sarà disegnata la mappa definitiva.
– Le Amministrazioni locali con presenza sul proprio territorio di aree idonee potranno esprimere il loro interesse al progetto e candidarsi a ospitare il Deposito Nazionale e il Parco Tecnologico.
– Secondo l’iter previsto dalla legge, la struttura sarà operativa dal 2025.
Testo redatto su fonte SOGIN, campagna informativa “Scriviamo insieme un futuro più sicuro” – futurosicuro.info
Deposito Nazionale: www.depositonazionale.it
Image credit: SOGIN S.p.A.
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RIFIUTI URBANI
L’ISPRA presenta il “Rapporto Rifiuti Urbani 2014”: anche per il 2013 confermato il trend in calo della loro produzione essenzialmente a causa alla crisi economica
27.07.2014
Testo dell’articolo
Il documento, giunto alla sua sedicesima edizione, è frutto di una complessa attività di raccolta, analisi ed elaborazione di dati da parte del Servizio Rifiuti dell’ISPRA, in attuazione di uno specifico compito istituzionale previsto dall’art. 189 del D.Lgs. n. 152/2006. Attraverso un efficace e completo sistema conoscitivo sui rifiuti, si intende fornire un quadro di informazioni oggettivo, puntuale e sempre aggiornato di supporto al legislatore per orientare politiche e interventi adeguati, per monitorarne l’efficacia, introducendo, se necessario, eventuali misure correttive.
Il “Rapporto Rifiuti Urbani – Edizione 2014” fornisce i dati, relativi all’anno 2013, sulla produzione, raccolta differenziata e gestione dei rifiuti urbani, a livello nazionale, regionale e provinciale e sull’import/export. Inoltre, riporta i dati relativi all’anno 2013, sulla gestione dei rifiuti di imballaggio e fornisce informazioni sui costi dei servizi di igiene urbana e sull’applicazione del sistema tariffario. Infine, presenta una ricognizione dello stato di attuazione della pianificazione territoriale aggiornata all’anno 2014.
Nel rapporto, in particolare, viene confermato, anche per il 2013, il trend in calo degli ultimi anni essenzialmente dovuto alla crisi economica. Nel 2013 l’Italia ha prodotto quasi 400.000 tonnellate in meno rispetto al 2012 (-1,3%), – 2,9 milioni di tonnellate rispetto al 2010 (-8,9%), un valore inferiore anche a quello del 2002. La Campania al secondo posto tra le Regioni che fanno la differenza al sud, differenziando quasi la metà dei rifiuti prodotti (44%), il secondo posto dopo la Sardegna (51%).
Testo redatto su fonte ISPRA del 24 luglio 2014
Documento: Rapporto Rifiuti Urbani – Edizione 2014
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RECUPERO DEI RIFIUTI
Accordo CONAI-CNR: sviluppare nuovi materiali e processi per una diminuzione significativa del quantitativo dei rifiuti inviati in discarica e a valorizzazione energetica
07.03.2014
Testo dell’articolo
Con questo accordo CNR e CONAI svilupperanno soluzioni originali per il settore degli imballaggi favorendo il miglioramento dei processi di lavorazione e di riciclo dei materiali usati non esclusivamente per generare nuova energia. Attraverso un uso integrato di conoscenze e tecnologie sviluppate in ambiti disciplinari diversi, CNR e CONAI favoriranno la produzione e la circolazione di nuove tipologie di materiali da imballaggio, maggiormente biocompatibili, dal ciclo di vita più ampio e caratterizzati da un basso impatto ambientale. Obiettivi, questi, che favoriranno l’innovazione dell’intero ciclo produttivo e avranno ricadute positive per l’economia del settore. Grazie all’accordo con il CNR, prenderanno il via due importanti progetti che potranno valorizzare le componenti residuali dei processi di selezione dei rifiuti di imballaggio, incrementando, al contempo, le quantità avviate a riciclo.
1 – Valorizzazione mediante tecniche di funzionalizzazione e compatibilizzazione di plastiche miste costituite da mix di poliolefine incluso di scarti di altre plastiche di post consumo e valutazione del decadimento delle loro proprietà come conseguenza del loro ripetuto utilizzo e riciclo
Il progetto si pone l’obiettivo di favorire il riciclo meccanico di miscele eterogenee di plastiche post-consumo mediante la definizione di una strategia di compatibilizzazione eco-friendly ed economicamente competitiva per la realizzazione di nuovi materiali a basso impatto ambientale.
2 – Riciclo meccanico di scarti eterogenei e multimateriale post-consumo per la realizzazione di compositi a basso impatto ambientale e il recupero delle frazioni metalliche
Il progetto si pone l’obiettivo di definire una strategia alternativa di riciclo meccanico, volta al recupero di scarti eterogenei e multimateriale da utilizzare come fonte di materie prime non convenzionali per realizzare nuovi compositi a basso impatto ambientale.
Oltre alla collaborazione con il CNR, CONAI svilupperà altri progetti di ricerca con università e stazioni sperimentali con l’obiettivo di migliorare la riciclabilità e le rese nel riciclo di plastica, vetro e acciaio.
Testo redatto su fonti ENEA e CONAI del 5 marzo 2014
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QUALITÀ AMBIENTALE
Con il supporto tecnico e scientifico dell’ENEA nasce la Banca Dati Italiana di Life Cycle Assessment, la metodologia per la valutazione della qualità ambientale
08.02.2014
Testo dell’articolo
Le informazioni sull’impatto di prodotti e servizi sull’ambiente devono essere fornite con nuove modalità, basate sull’elaborazione di una rilevante quantità di dati di assoluta affidabilità. Per far fronte a questa esigenza è stato realizzato un apposito Network, il Life Cycle Data, che si propone di collegare in rete banche dati europee e non, che utilizzano analoghi criteri di qualità e di coerenza metodologica. Il network, che è stato sviluppato da JRC, Joint Research Center, e dalla DG Ambiente della Commissione Europea, nell’ambito della politica europea per l’uso efficiente delle risorse, viene presentato oggi a Bruxelles, nell’ambito delle azioni previste dalla Comunicazione del 2013 “Un mercato unico per i prodotti verdi”, e in risposta alle strategie europee per il 2020.
Per l’Italia, è stato realizzato dal Ministero dell’Ambiente con il supporto tecnico e scientifico dell’ENEA, un dimostrativo di Banca Dati Italiana di LCA, che riguarda per ora il settore agroalimentare, e che costituisce il primo nucleo nazionale del Life Cycle Data Network. Prendono parte all’iniziativa aziende italiane leader nella valutazione della qualità ambientale dei propri prodotti, che mettono a disposizione i propri dati, come Eridania, Granarolo, Coop Italia, San Benedetto.
Paolo Masoni, ricercatore dell’ENEA che ha collaborato al progetto con il suo team, sottolinea che: “L’ENEA è da tempo impegnata a favorire la diffusione della metodologia LCA e con la realizzazione del nodo italiano del Life Cycle Data Network, ha constatato l’impegno e la volontà delle imprese nazionali a contribuire alla costituzione di una banca dati nazionale di LCA, anche con la partecipazione di competenze tecniche specialistiche”.
Testo redatto su fonte ENEA del 6 febbraio 2014
Image credit: ENEA
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TRATTAMENTO DEI RIFIUTI
Per il recupero di materiali preziosi dai RAEE, l’ENEA sviluppa un innovativo brevetto basato su un processo idrometallurgico con limitate emissioni in atmosfera
18.01.2014
Testo dell’articolo
I RAEE costituiscono quindi un’importante fonte di approvvigionamento di materiali, che sono in gran parte monopolio dei paesi produttori extraeuropei, soprattutto asiatici, e particolarmente necessari al nostro Paese, che non dispone di ingenti risorse minerarie. I rifiuti elettrici ed elettronici possono essere considerati delle vere e proprie ‘miniere urbane’ perché permettono di recuperare oro e stagno con estrema semplicità, in ambiente non necessariamente industriale.
L’innovativa metodologia dell’ENEA, che utilizza un processo idrometallurgico quasi a temperatura ambiente e che si può eseguire in piccoli impianti, comporta limitate emissioni in atmosfera, è estremamente vantaggiosa rispetto ai grandi impianti pirometallurgici utilizzati finora, che richiedono processi ad alta temperatura e sono più inquinanti. Presso il Centro ENEA Casaccia è in costruzione un impianto sperimentale per condurre delle campagne dimostrative. L’impianto è stato progettato in maniera modulare per poter essere utilizzato anche per lo sviluppo e l’ottimizzazione di tecnologie di processo utili al trattamento di materiali di altro tipo, come le lampade a fluorescenza esauste o i monitor LCD.
L’ENEA mette a disposizione questo impianto sperimentale per le imprese operanti nel settore dei RAEE, interessate alla realizzazione di impianti per il recupero dei materiali ad elevato valore aggiunto.
Testo redatto su fonte ENEA del 17 gennaio 2014
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